Europa Verde – Verdi della provincia di Vibo Valentia prende posizione sui temi sollevati da Italia Nostra per voce dell’avvocato Alessandro Caruso Frezza, vice presidente della sezione di Vibo Valentia dell’associazione, il quale ha recentemente lanciato una petizione online per salvare l’antica pavimentazione di via Luigi Razza, si contrappone all’abbattimento di 18 pini domestici in piazza Salvemini e ha denunciato quella che, secondo il suo parere, rappresenta la “distruzione” della pavimentazione di via Enrico Gagliardi.
Le contestazioni
Le contestazioni
Gianpiero Menniti, commissario provinciale di Europa Verde – Verdi della provincia di Vibo Valentia, contesta senza mezzi termini tutta la narrazione proposta da Caruso Frezza e da altri: “A cominciare dal tema dei pini di piazza Salvemini, una battaglia che si fonda su un inconsistente concetto di tutela di beni naturali. I pini in questione erano malati da tempo poiché quell’insediamento arboreo, ab origine, era stato mal definito e ancora più malamente abbandonato ad uno stato d’incuria pluriennale”.

Commissario provinciale di Europa Verde – Verdi
“Questa premessa”, prosegue Menniti, “è essenziale per definirne il valore nullo degli arbusti in questione perché attribuito a piante da tempo malate o in corso di ammaloramento. Non vogliamo accettare che si tratti di un valore nullo? Allora, con coraggio si dica che la situazione attuale porterebbe lo stesso impianto a perire e con esso il suo presunto valore ambientale. D’altra parte, la perizia effettuata dall’agronomo incaricato dal Comune ha sancito questa atavica verità classificando ben 13 piante sulle 18 esistenti in condizione di compromissione estrema (categoria D, l’ultima), che così può essere definita”: ‘Gli alberi che appartengono a questa classe, al momento dell’indagine, evidenziano sintomi, segni o difetti gravi, riscontrati con un controllo visivo e di norma con indagini strumentali. Le anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si sia ormai esaurito. Per tali alberi, le prospettive future si possono definire gravemente compromesse. Qualsiasi intervento di riduzione del livello di pericolosità potrebbe risultare insufficiente o realizzabile con tecniche contrarie alla buona pratica dell’arboricoltura. Le piante che appartengono a questa classe devono essere abbattute’”.
Altri stralci della relazione
“Facciamo un passo in più, per capire meglio”, prosegue Menniti, citando altri stralci della relazione tecnica: ‘Tra le principali cause di instabilità delle piante si evidenziano un sistema radicale danneggiato e gravemente compromesso, presumibilmente a causa di condizioni ambientali avverse o interventi inadeguati, e una gestione manutentiva insufficiente. Questi fattori hanno progressivamente indebolito la struttura della pianta, portando al suo cedimento’. Il Pino domestico, pur essendo una specie poco esigente nei confronti del terreno, preferendo quelli sabbiosi e freschi, non tollera invece i terreni troppo calcarei, compatti e/o eccessivamente acquitrinosi. Un’ulteriore problematica riscontrata nel verde urbano è una gestione inadeguata per lo sviluppo della pianta. In particolare, si evidenziano la mancanza di interventi di potatura di mantenimento della chioma, che determina una diffusa presenza di rami secchi; e la pratica di effettuare tagli su intere branche di piante adulte. Questi interventi inappropriati compromettono la capacità della pianta di rimarginare le ferite, creando condizioni favorevoli per l’attacco di organismi fitopatogeni”.
“Ora”, argomenta l’esponente di Europa Verde–Verdi, “quale giustificazione può essere addotta a difesa di un complesso arboreo radicalmente compromesso? Nessuna soluzione tranne una: abbatterli nel più breve tempo possibile e sostituirli – con almeno dieci piante per ognuna soppressa – con specie arboree adatte allo stato dei luoghi e del terreno in particolare. Questo è vero ambientalismo. Il resto è vano ‘tombalismo’, francamente inaccettabile”.
La disamina continua
Ma la disamina di Menniti non finisce qui: “Sulle ormai famose basole di via Gagliardi, quella che cita Caruso Frezza è una norma del codice penale (delitto doloso) che prevede la distruzione voluta e consapevole di un bene culturale. Ebbene, anche qui la premessa è inconsistente: un bene culturale si può definire così solo se è dichiarato tale da un provvedimento amministrativo, in genere un decreto ministeriale o una dichiarazione di interesse pubblico e simili”.
“Tuttavia”, continua Menniti, “mi risulta che il Comune abbia richiesto alla competente Soprintendenza l’autorizzazione ad effettuare l’intervento e che tale procedimento sia stato correttamente autorizzato. Ergo: la rimozione di basole per effettuare dei lavori con successiva rimessione in pristino, in nulla può essere ricondotta alla fattispecie giuridica e alla denuncia sollevata dal Caruso Frezza”.
“E ancora peggio”, secondo il rappresentante politico, “ipotizzare che una procedura d’appalto avviata da tempo possa essere sospesa sulla base dei presupposti inconsistenti inopinatamente proposti, evidenzia una visione quanto meno dubbia della materia amministrativa. Secondo chi vaneggia, l’amministrazione Romeo avrebbe dovuto gettare tutto in malora. Invece, con senso di responsabilità, buon senso e competenza tecnica, si è scelta la soluzione più sensata: portare a compimento i lavori e restituire vivibilità alla città”.
La concretezza
“La tutela del patrimonio storico e architettonico”, conclude Menniti, “è un tema serissimo che occorre affrontare con concretezza. Qui sembra si voglia risvegliare il romanticismo insensato di John Ruskin con le sue farneticanti visioni del restauro come ‘immorale’. Si legga piuttosto la teoria di Viollet-Le-Duc o di Gustavo Giovannoni, che elaborò una teoria capace di conciliare le ragioni della trasformazione con la conservazione e valorizzazione dell’edilizia storica”.
In epilogo, propone il commissario provinciale di Europa Verde–Verdi, “si rinnovi il ‘bosco’ di piazza Salvemini abbattendo alberi malati e sostituendoli con nuove specie arboree, rendendo concreto un piano sistematico di manutenzione. Si porti a conclusione il più rapidamente possibile il cantiere di via Gagliardi e si smetta di usare l’ambientalismo o la tutela di presunti beni culturali come una clava da paleolitico”.
L’invito al confronto
“E se l’avvocato Caruso Frezza e altri vorranno eventualmente confrontarsi pubblicamente con me, sarò ben lieto di affrontare questi e altri temi, riconoscendo loro un sincero affetto per la città, qualora siano disposti a riconoscerlo anche a me con eguale tenore ma ben altre idee”.